Non ho mai tempo per riflettere mentre visito i paesi per lavoro. Quindi cerco di immagazzinare informazioni durante tutti i ritagli di tempo ed elaborarle nella sale di attesa, mentre aspetto un bus o una aereo che mi riportino verso la pizza e i mandolini che mi sono cari.
In questo momento sono al Narita Tokyo Airport e se mi sforzo di tirare fuori qualche osservazione intelligente da questi due giorni di Sol Levante continuo a cadere sugli stessi punti.
Come fanno ad avere un senso civico così elevato?
Come fanno ad avere un senso della responsabilità così spiccato?
Qual è il prezzo che pagano?
E soprattutto, ma noi in Italia, riusciremo mai a rispettare le code, interessarci di come lasciamo un bagno pubblico (se ce ne fossero ancora), sorridere a chiunque entri dove lavoriamo?
Io non so se i Giapponesi pagano un prezzo per essere tutto ciò che noi in generale non siamo.
A prima vista sembrerebbe che il pedaggio per questo rispetto globale sia quello di una certa propensione a mandare giù e posporre la protesta, a sublimare il comportamento differente in modalità diverse, come per esempio il modo di vestire originale o la specializzazione sul lavoro o su un hobby in particolare.
Non sembrano però intristiti da questo fatto e nemmeno fatalisti.
Piuttosto sembrano avere sviluppato la dote della pazienza e in molti mi hanno detto “bisogna aspettare” con riferimento ai più disparati aspetti della vita.
Ecco, in generale sembra che i colpi di testa non siano parte della loro cultura odierna.
Come uno shinkanzen, il treno ad alta velocità, una volta partito da Osaka, ci si ferma solo ad un paio di stazioni, altrimenti…sempre dritto. Se ci sono problemi ne discuteremo poi.
Prima si fa quello che si è detto, poi si cambia.
Per uno che viene da un Paese dove prima si cambia e poi si cambia nuovamente e poi ancora e nessun binario è detto che sia immune da cambi di destinazione questo atteggiamento salta agli occhi e pare, a volte, insensato o meraviglioso.
Noi abbiamo sempre una scusa, una giustificazione, un “adesso apportiamo un cambiamento e vediamo” che molte volte è il modo per prendere tempo e spostare nel futuro e su altri la responsabilità.
D’altro canto a loro piacciamo tanto.
Non ci farebbero sposare le loro figlie o i loro figli ma, sinceramente, gli siamo simpatici e per un italiano qui esiste un credito di fiducia, una apertura di credito.
Ma non piacciamo per le nostre doti aneddotiche.
Non siamo gradevoli perché furbi o un po’ gaglioffi, nemmeno per una nostra supposta eleganza o charme o perché all’estero siamo tutti Sommelier o degustatori di caffè espresso.
Questo è quello che ci piace credere.
E’ quello che ci raccontiamo nelle sale di attesa degli aeroporti, lustrandoci un po’ l’ego abbacchiato dalle crisi del Made in Italy.
Noi piacciamo per quello che rappresentiamo.
Anzi per quello che rappresentavamo.
Noi piacciamo per i nostri mobili e le nostre case.
Per i nostri paesaggi e i nostri muri medievali.
Per i nostri cibi e per la nostra provincia sonnacchiosa anche se veloce.
Per la nostra città diffusa che si spande nel verde senza cancellarlo.
Noi per loro siamo un luogo prima che delle persone.
Siamo un luogo bello.
Un posto bello che forgia belle persone dentro e fuori.
Se Jean Marie Colbert è il padre storico del Made in France noi possiamo riverire la bellezza delle nostre coste, dei nostri borghi medievali, delle colline e delle Alpi, la grazia con cui passiamo dalla montagna al mare senza sembrare mai in una terra di nessuno.
Non abbiamo avuto menti illustri a progettare saggiamente con anni di anticipo il futuro della nostra economia, ma piuttosto un bacio in fronte dalla Provvidenza.
Diciamo che abbiamo vinto alla lotteria una volta. E abbiamo vinto tanto.
A tutti piacciono i vincitori.
Ai giapponesi che giocano come matti a Pachinko, una specie di lotto, noi piacciamo per questo.
Perché credono che noi siamo sempre vincitori perché viviamo dove viviamo.
Piacciamo perché abbiamo la possibilità di alzarci la mattina in un luogo che, se rispettato ed amato, dispensa bellezza a piene mani.
Ha ragione il mio amico Enzo Spalto, una mente brillante, quando mi dice che la bellezza può davvero salvare il mondo.
Potrebbe salvare anche la nostra economia oltre a darci un bella ricarica di energia psichica.
Noi per i giapponesi siamo un bel posto prima che delle belle persone.
Ed hanno ragione, perché noi sovente non siamo più quegli amabili individui che un posto come l’Italia meriterebbe o avrebbe meritato e che potrebbe ancora allevare.
Siamo furbastri, arroganti, poco sensibili e soprattutto individualisti.
Non che per se essere individualisti sia sempre stati un male assoluto ma oggi sicuramente non è un bene.
Siamo piccoli Adamo che non ci stavano a fare un sacrificio per avere il paradiso.
Rispettarci a vicenda era troppo ed abbiamo preferito un far west generazionale da cui non siamo ancora usciti.
Qui in Giappone, in tanti, sono responsabili individualmente.
Sarà per la cultura, sarà per la tradizione, sarà perché sono un isola… ma loro a questa solidarietà fatta di prese di posizioni personali rispettose della collettività ci tengono e dimenticare la borsa in un bar di Tokyo o in un taxi non è quasi mai un problema.
Essere responsabili individualmente è un bene, perché tiene conto dell’insieme e del luogo e degli altri. Il tuo problema diventa non fare pagare agli altri il conto della tua incapacità o poca sensibilità.
Noi, in molti, siamo diventati individualisti.
L’individualismo se ne frega di tutto questo, e al motto del “a posto io a posto tutti” cancella quell’eredità di sensibilità civica che dal tempo dei Romani la nostra terra aveva accumulato nel DNA di tutti noi.
Ecco, mentre sono qui seduto ad aspettare la navetta che una gentilissima signorina mi ha prenotato dicendomi di non preoccuparmi dell’orario perché 10 minuti prima verrà ad avvertirmi lei personalmente (sono in mezzo a cento persone in questa hall) questo è quello che mi affiora se faccio un paragone tra me e loro.
Non sono sicuro che siano felici, non potrei esserlo, certo è che loro mandano i bambini di sei anni a scuola da soli in una megalopoli di dieci milioni di abitanti.
Forse non è sinonimo di felicità ma per me, che un bambino cammini tranquillo da casa a scuola, attraversi strade, cambiando bus e metro da solo fa pensare che da grande sarà un adulto fiducioso e forse costruirà un posto ancora più sereno e sicuro per i suoi di bambini.
Certo non generalizzo, soprattutto per non offendere quelli che si potrebbero offendere e perché hanno un atteggiamento diverso, che magari in Italia vivono in oasi felici, ma la sensazione che stiamo perdendo un bel treno disconnettendoci dal valore intrinseco del vivere nel nostro Paese è forte.
Qui aspettano gente che gli dimostri che una bella terra genera bella gente e alla fine anche viceversa.
E’ davvero un popolo che ci ha aperto una linea di credito e ci accoglie a braccia aperte.
Ma prima o poi scoprirà che da soli abbiamo rinunciato all’eredità e siamo poveri in canna di tutto meno che di presunzione.
E’ rimasta la nostra terra, paziente, ad aspettare che ci ravvediamo.
Per quanto ancora?
P.S. Ho ipotizzato un nuovo casalingo teorema mentre visitavo dei Department Store.
La vivibilità di una città o di una sua area è inversamente proporzionale alla percentuale di ombrelli depositati che scompaiono dal portaombrelli all’entrata di un negozio, o meglio ancora di un grande magazzino, in un giorno di pioggia mentre i loro padroni stanno facendo compere.
Se non ci sono portaombrelli all’entrata la percentuale da calcolare è del 100% oppure è una città a clima torrido dove non piove mai, nel quale caso naturalmente il teorema non si applica.
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Manager, Advisor, Autore, Speaker|
Per oltre trent’anni sono stato nel mondo delle vendite, iniziando da agente sino ad arrivare ad occupare posizioni apicali in aziende come Diesel, Adidas, 55DSL, OTB.
Parallelamente ho iniziato ad avvicinarmi al mondo della motivazione e della crescita personale, convinto che spetti sempre a noi prendersi la responsabilità delle nostre esistenze.
Questo mi ha portato a studiare, cercare, testare, risposte ai continui quesiti della vita e del lavoro, come: “Perché alcune persone sono in grado di correre ultramaratone e altre faticano ad alzarsi dal divano?” “E perché le stesse persone che corrono una ultramaratona nel weekend, in ufficio svogliate ti rispondono: Prenditela tu la risma per la stampante?”
Da ormai vent’anni ho fatto di questo il mio lavoro e la mia missione, aiutando individui e organizzazioni a raggiungere gli obiettivi mantenendo la propria umanità.
Alcune delle aziende e organizzazioni con le quali ho collaborato, come formatore e speaker, comprendono: Amway, Banca Mediolanum, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Bayer, Calzedonia, Cassa Centrale ,CNA, Confartigianato, Confindustria, Giuffrè Editore, Herbalife, Juice Plus, Just Italia, JUUL, LIoyd’s, Liu·Jo, Lotto, Nespresso, Revlon, Scavolini, Sony Italia, UNIPD, Wella e molti altri.
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alla faccia del colpo d’occhio per due gg di sosta , Parlerei piuttosto di una “lectio magistralis” da ripetere una volta tornato in Italia , nelle aule Universitarie, Liceali, Medie ed elementari , perchè tutti sappiano queste verità elementari e per le quali , nemmeno per i Giaèpponesi , l’assicuro , non c’è alcun prezzo da pagare ; essere civili è gratis ovunque .
Credo che la cosa migliore che si possa fare è divulgare la civiltà, soprattutto con l’esempio e raccontando, come tu hai meravigliosamente fatto, ciò che accade anche negli altri paesi.
Rientro da poco da un viaggio in Marocco e ancora ricordo con piacere come, soprattutto nei piccoli villaggi, la gente si prodighi nei confronti dei turisti o dei non “indigeni” in difficoltà, iniziando proprio con un caloroso “bienvenu” seguito poi da tutti i consigli del caso (la maggior parte delle volte senza chiedere un € di mancia).
Credo che se vogliamo cambiare lo status quo, dobbiamo impegnarci, singolarmente, nel dare il buon esempio e promuovere il senso civico ogni giorno ed in ogni momento con tutte le persone e forse, quel circolo virtuoso che ci può portare ad essere migliori e quindi a promuovere l’Italia e l’italianità finalmente si innescherà. La strada è sicuramente lunghissima, però iniziamo, il risultato dipende da noi
Grazie Sebastiano per questo bel post! L’ho letto tutto d’un fiato 🙂 Bello perché, dopo aver preso consapevolezza di cosa funziona ancora e di cosa no, possiamo ripartire ognuno nel nostro piccolo, e fare un passo verso il cambiamento e verso un futuro migliore!! Un caro saluto. Erica
Intenso come sempre!
Non solo tu ma tutti noi dovremmo divulgare di piu’ il senso civico e l’importanza dell’altruismo.
Purtroppo oltre a parlarne sarebbe importante che dall’altra parte il concetto fosse capito e assimilato; ecco, forse questo è uno dei problemi piu’ gravi : l’ASCOLTO.
Per ascoltare ci vuole umiltà e gli individualisti ne hanno poca.
INSISTIAMO E TENIAMO DURO!!!
Ciao Sebastiano, è sempre bello leggere i tuoi pensieri. Io ho passato due settimane a Bath in Inghilterra ed ho fatto delle considerazioni molto simili alle tue.
Abbiamo un paese bellissimo e dovremmo essere orgogliosi e felici di essere nati in Italia, ce la invidiano tutti, potremmo vivere di rendita solo accogliendo con un sorriso ogni visitatore ed invece succede solo in pochi posti e non sempre…..
Speriamo che il tuo messaggio positivo arrivi a più cuori possibili……
Buon proseguimento per tutto, un abbraccio
Mariapia
p.s. grazie per avermi fatto conoscere Venderedipiù, lo leggo sempre e lo faccio conoscere a chi conosco.
Tu hai pienamente ragione Sebastiano. Conosco e ho conosciuto gente che per lavoro o per viaggio di piacere sono stati più volte in Giappone, e tutti mi hanno raccontato che è come entrare inj un altro pianeta, in una altro mondo. Quasi come entrare nel famoso pianeta Pandora di avatar, dove , più che con la natura, ci si immerge con la cultura e la civiltà giapponese. Ho sempre ammirato quel popolo, anche se con i pro e i contro dei vari casi.Gli italiani, per le esperienze lavorative e non, sono considerati belli, perchè è bello il posto in cui viviamo…e basta…Grazie seba!
Per 5 anni sono andato in Alta Badia a fare le ferie, gli ultimi 8 invece in Austria, poco sopra Innsbruck, Leutasch esattamente. Un’ora di strada in più, 20Euro al giorno in meno, ma non è per questo, la famiglia di contadini che mi affitta l’appartamento è per me sorprendente, anche se loro si considerano normali. Non è da contratto, ma ogni tanto ti ritrovi la biancheria lavata e stirata, se li aiuti a raccogliere le more ti regalano minimo due vasetti di marmellata, poi se entri in qualsiasi ristorante con un cane ti portano subito la ciotola per farlo bere, se entri con un bambino ti portano subito un libretto da colorare con relativo set di colori. Ti fanno sentire veramente un ospite. La famiglia di contadini austriaca mi ha chiesto informazioni perché vogliono venire a Venezia qualche giorno, io con il mio inglese un po’ stentato ho cercato di fare del mio meglio però spero che non ci vengano, mi vergognerei troppo rivederli l’anno prossimo. Mio nonno ha difeso l’Italia con il fucile rischiando la vita, io dell’Italia ora me ne vergogno. Speriamo di imparare in fretta dagli altri popoli perché diventa sempre più imbarazzante uscire dai nostri confini. Complimenti x tutto Sebastiano.
-Non che per se essere individualisti sia sempre stati un male assoluto ma oggi sicuramente non è un bene.-
Il male non è l’individualismo, i Giapponesi lo sono più di quanto credi ma nel modo giusto. Visto che sotto citi Adamo io cito Gesù:non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a TE stesso! E cito anche l’innominabile il grande maestro di questa civiltà che affascina per la sua compostezza ed equilibrato senso civico: Lao tzu:”senza ciò che lo rende limpido,
il cielo andrebbe in pezzi; senza ciò che la rende stabile, la terra sprofonderebbe;
senza ciò che li rende potenti gli dèi scomparirebbero;…senza ciò che permette loro di governare, re e nobili cadrebbero.
Il superiore ha la sua radice nell’inferiore e l’alto ha il suo fondamento nel basso…non è questo riconoscere che la loro radice è nell’umile? Troppo onore non è un onore.
Non cercare di splendere come giada,ma sii semplice come pietra….”
-Siamo piccoli Adamo che non ci stavano a fare un sacrificio per avere il paradiso.-
Nella sua etimologia Adamo significa “contenitore” egli rappresenta il tentativo di appropriarsi egoisticamente della Verità assoluta per sè stessi. Per sottrarla ad altri, per farne un uso improprio.E’ questa l’origine del male: voler possedere invece di condividere senza sottrarre nulla ad altri…
Gesù diceva:ama il tuo prossimo come te stesso…Ma prima di tutto ama TE stesso! (dico io)
“Comprendere gli esseri umani è intelligenza,
comprendere se stessi è saggezza.
Dominare gli essetri umani è forza,dominare se stessi è il vero potere.
Conoscere la misura di ciò che è abbastanza è la vera ricchezza.”
Buone riflessioni ..anche se… il non agire è la via!
L’italia è l’Italia, il Giappone è Giappone.
Una medaglia ha sempre il suo rovescio.