“Opus”: la responsabilità di motivarsi e inseguire la perfezione

In La Grande differenza, Libri per La Grande Differenza
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Opus, dell'amico Pietro Trabucchi è un libro onesto e affascinante sulla motivazione. Uno dei pochi libri sull’argomento a fuggire da formule, persuasione e tutto ciò che ha a che fare con la manipolazione. Un libro che invita ognuno di noi a prendersi le proprie responsabilità: l’«opus», il modo specifico in cui si materializza per ognuno di noi il compito umano di inseguire la perfezione.

Invito a leggerlo con attenzione e cercare di sintetizzare quelle lezioni che, introdotte nella vita quotidiana, favoriscono La Grande Differenza.

Senza voler togliere il piacere della lettura, di seguito 3 concetti sui quali a mio avviso vale la pena soffermarsi.

La ricerca della perfezione

Quando si parla di perfezione, la maggior parte delle persone taglia corto dicendo sia impossibile e dunque inutile provare a raggiungerla. Nessuno è perfetto e, di conseguenza, nessuno potrà esserlo mai, appaiono solide basi per rifuggire ogni tentativo. Oggi come oggi, è tutto ancora più amplificato da una tendenza crescente all’accettazione di sé, all’elogio dei propri limiti e di tutto ciò che può essere collegato, direttamente o indirettamente, al fallimento.

Tuttavia, fossilizzarsi in questa direzione può sfociare in una sorta di fatalismo che non fa bene a nessuno, certamente non ne fa quando in gioco ci siamo noi.

D’altro canto, inseguire la perfezione – per quanto non si possa mai raggiungere – ci mette già in una modalità di crescita. Sembra di questo avviso anche Pietro Trabucchi, che inizia il libro proprio su questi concetti.

In fondo, come osserva nelle primissime pagine, siamo tutti partiti dall’essere traballanti bambini che provano ad alzarsi in piedi. Tendere alla perfezione, alla crescita, fa inevitabilmente parte della natura umana.

 “Tutto comincia con un traballante bimbo di pochi mesi che prova ad alzarsi in piedi. E che rincorre questa invincibile spinta a esplorare il mondo e le proprie capacità per tutto il resto della vita, perfezionando senza sosta le sue potenzialità individuali. O almeno così dovrebbero andare le cose. È la motivazione l’arma segreta della nostra specie. Non solo perché quella umana è sconfinata. Ma anche perché durante l’evoluzione si è sviluppata con caratteristiche nuove e peculiari.”

Quello che di differenzia con le altre specie animali, è che solo il genere umano ha la capacità, non solo di provare e riprovare, ma soprattutto di persistere. La resilienza, potremmo dire, è quella caratteristica che può permettere di provare a conquistare qualsiasi cosa, anche qualcosa di inafferrabile come appunto la perfezione.

Motivazione intrinseca vs motivazione estrinseca

Su questo punto si trova a mio avviso un punto fondamentale, qualcosa di simile alla domanda “dipende da noi o non da noi?”, o se volete, chi deve motivare chi e in cosa?

La maggior parte dei volumi sulla motivazione, come anche alcune lezioni diffuse dagli atenei o sui palchi di questo o quell’evento, tendono ad esaltare la motivazione estrinseca cioè i motivi che possono e devono essere forniti per motivare gli individui a fare qualcosa.

Tuttavia, mi trovo molto d’accordo con Pietro Trabucchi che, in tutto il libro, esorta il lettore e ognuno di noi a prendersi la responsabilità di motivarsi.

“La motivazione è molto diversa da come ce la raccontiamo. Nella nostra cultura prevale un’idea passiva di motivazione; l’idea cioè che la motivazione debba provenire dall’esterno, perché noi siamo esseri naturalmente portati all’indolenza e alla pigrizia, incapaci di attivarci da soli (« mito dell’umano torpore»). Questa visione è un alibi collettivo, una concezione rassicurante e di comodo: io la chiamo «modello dell’asino» e implica che gli esseri umani siano mossi soprattutto da motivazioni esterne o estrinseche.”

D’altra parte, confidare sulla motivazione estrinseca può esporre a diversi problemi – nel libro vengono illustrati diversi casi. Il rischio principale, sintetizzando, è quello di riuscire a fare solo in presenza di determinate condizioni e trovarsi inabili quando garanzie, premi e altri condizionamenti scompaiono dal campo.

“L’incentivo stimola il soggetto a conseguire una meta solo se il raggiungimento della stessa non implica troppo rischio, troppa sofferenza, troppa fatica. In altre parole, di fronte a certi obiettivi vissuti come troppo pericolosi o troppo faticosi da raggiungere, l’incentivo non funziona.”

Formule vs duro lavoro

Quello che più apprezzo in Opus, e non potrebbe essere altrimenti conoscendo personalmente l’autore, è una chiarezza di pensiero ad altissimo livello che punta sempre verso la concretezza e la realtà. Un passaggio sul quale penso si debba riflettere con attenzione – ne ho parlato molto di recente – riguarda l’idea della motivazione come arma segreta, tecnica a comando, ricetta da elargire come antidoto a qualsiasi male.

“Signore e signori, ecco a voi il motivatore magico: se bastone e carota non sono riusciti a smuovervi, l’unica è provare con lui, sempre in linea con il presupposto che la motivazione può giungere solo dall’esterno. Qui si impongono dei chiarimenti: perché questa ironia? Sto forse dicendo che gli altri non influenzano la nostra motivazione? Che sia impossibile motivare il prossimo? No. Siamo animali profondamente sociali. L’influenza degli altri su di noi è innegabile. Ma riuscire a motivare qualcuno non è semplice: è un lavoro duro e faticoso, che si gioca su tempi estremamente lunghi e che richiede umiltà e pazienza. Per farlo bisogna essere disposti a «sporcarsi le mani», a entrare davvero in relazione con l’altro, non a manipolarlo.” 

Puoi acquistare e leggere “Opus. Per raggiungere uno scopo la nostra risorsa più grande è l’automotivazione.” in versione digitale e cartacea da qui.

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