Mettiamo che sia arrivato il trentundodici

In Graffi sull'anima
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Mettiamo che sia arrivato il trentundodici.
Cosa si potrebbe scrivere di sensato?
La fine di un anno é una finzione, come dimostrano i fusi orari.
In Australia é già finita la festa e da noi inizia.
Anche i bilanci sono fatti della stessa materia dei fine anno.
Cambiano e si modificano.
Cerchiamo di fissarli come farebbe un collezionista di farfalle, con uno spillo.
Ma é una lotta impari.
I bilanci si dibattono come pesci all’amo e spesso sfuggono.
Nonostante questo sappiamo che é un momento importante il trentundodici.
Quasi mistico.
Uno di quei momenti che ha in sé la magia di un inizio nuovo di zecca.
Un bonus fedeltà.
Una verginità restituita.
Io, questo duemilaquattordici un po’ lo getterei senza rimpianti, un po’ lo vorrei ripetere per mille volte.
Capita a tutti credo.
Dentro a questo anno ho avuto gioie e dolori. Guadagni e perdite. Amici e nemici.
Ma nel totale ?
Nel conto dei più e dei meno?
Ci ho messo un giorno intero a fare le operazioni.
Come un ragioniere.
E addizionando e sottraendo mi sono sentito trafiggere dalle mille spine dell’esistenza.
Ho notato che le cose dolorose sono quelle che ricordi di più.
Questo mi ha rattristato. Mi é sembrato che la mia vita sia un rosario di piccoli e grandi drammi.
E le gioie. La felicità quella dei film, si condensi in piccole gocce, sparse qua è là. Come un condimento raro e costoso.
Sottraggo più di quanto aggiunga.
Mi sembra un bilancio deficitario. Misero. Magro.
Niente di quello che vedo passare nelle pubblicità in tivù o nei selfie e nelle foto di Facebook.
Esiste un pezzo di umanità indaffarata nel farmi sentire inadeguato e sempre in debito con il mio destino.
Sai cos’è ?
È che poi, per fortuna parlo con la gente.
La gente mi dice che quello che si vede, che si sente, spaventa anche loro.
Anche loro hanno bilanci in perdita, bilanci cui debiti sono sempre più grandi dei crediti.
Non sono solo quindi, non sono l’unico che ha creduto alle bugie.
É facile distrarsi e pensare che la tua vita non vada bene, che agli altri funzioni tutto e a te no.
É il senso del gioco del mercato.
Confondere il gioco con la realtà é cosa da un minuto se sei di corsa.
Quando parlo lentamente con il prossimo, ed il prossimo é vero, non un cliente, non un fornitore, allora trovo pezzi di verità.
E quei pezzi, messi insieme, mostrano un quadro agrodolce.
Nessuno é davvero felice, nessuno é davvero infelice.
Si surfa, meglio che si può, sulle onde degli tsunami che ci colpiscono indifferenti di quello che pensiamo o crediamo di meritare.
Le cose sono come sono.
Però i bilanci servono solo a misurare.
Ma non cambiano i fatti.
Allora mi rilasso, allora passo ai propositi.
I propositi sono la parte più bella dell’ultimo giorno dell’anno.
Sono tutte quelle immagini che ho in testa e che possono trovare una progettualità solo per il fatto che un anno finisce e un nuovo anno inizia.
Un proposito è una possibilità.
Il proposito é la ghianda da cui nasce la quercia.
Il proposito é la ineffabile tensione di noi umani verso il futuro.
Sempre pervaso e innaffiato di un senso di opportunità infinita.
Magari sovrastimata ma che magneticamente rende sopportabile l’insopportabile.
Ecco, penso che passerò questi ultimi giorni dell’anno a pensare ai propositi.
Belli. Grandi. Colorati. Accattivanti.
In barba a chi potrebbe pensare che siano troppo.
In barba a chi continua a presentarmi bilanci negativi su cui fondare piccole crescite, azioni in difesa, rientri all’ovile, minimizzazione delle perdite.
I propositi servono a questo.
A fregare il sistema prima che lui freghi te.
A dirti che non finisce qui, con i trentundodici e con gli steccati e con le minacce e i ricatti del ” mi piacevi di più prima”.
I propositi sono il motivo per cui sono qui.
Per un bilancio serve solo un contabile.
Per i propositi un artista intelligente.
Questo mi auguro di essere o provare ad essere.
Questo auguro ai miei amici.

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