Se le persone non fossero pigre ma, per la prima volta dopo molto tempo, fossero semplicemente in grado di dire di no? Di rifiutare un lavoro?
Se lo è chiesto di recente Anne Helen, giornalista americana con trascorsi in BuzzFeed e NewYorkTimes, in un post altrettanto emblematico: “l’economia del capitalismo rotto”
“Cosa succederebbe” – si chiede – se le persone non fossero pigre e invece, per la prima volta da molto tempo, fossero in grado di dire no allo sfruttamento delle condizioni di lavoro e ai salari di povertà?
Negli Stati Uniti questa situazione è già in essere ed è molto delicata.
La sindacalizzazione bassa e l’estrema libertà di contrattazione è sempre stata causa di estrema flessibilità da parte dei lavoratori.
Ma ora sembra che la crescente attenzione sociale della politica, il fatto che molte grandi aziende abbraccino politiche sociali che garantiscono una soglia minima di paga oraria, una certa sensibilità al mantenimento della pace sociale stia cambiando le regole.
A testimoniarlo, racconta Helen, vi sono i tantissimi annunci di lavoro abbandonati e ignorati sparsi un po’ dappertutto: a Toledo , a Chicago , ad Albuquerque , a Salt Lake City , nel Vermont , a Lexington , a Richmond, nel Nebraska , nel Rhode Island , nella Carolina del Sud.
Le persone però non sono diventate affatto pigre. Semplicemente, non accettano più salari da fame, soprattutto se quel salario da fame è accompagnato da condizioni sempre più difficili, pericolose o tese come quelle create dalla pandemia.
Salario offerte per la maggior parte di queste posizioni: $ 10,50 l’ora. I turni notturni ottengono $ 11,50. Di contro, i costi di affitto per una camera da letto superano mediamente i mille dollari al mese, in aumento del 27% rispetto allo scorso anno
Stando così le cose, non sempre vale la pena di accettare.
E questo riguarda la parte bassa del mercato del lavoro negli USA. Un po’ più in alto, si registra un fenomeno altrettanto peculiare ed interessante.
O tutto o niente: la Generazione YOLO
Le persone che forzatamente hanno risparmiato durante la pandemia, si ritrovano con un po’ di tranquillità per decidere e, a volte, con un po’ di soldi da investire.
È quella che Kevin Roose, sul New York Times, ha definito generazione “YOLO” – you only live once (tradotto suona come “si vive una volta sola”).
Lo stato d’animo di chi, durante e attraverso questa pandemia si interroga sul futuro della propria vita e decide di rischiare cambiando tutto, lavoro, vita, luogo.
L’espressione più eclatante si può trovare nel commercio folle di azioni su Reddit registrato tra gennaio e febbraio, un volume di negoziazione di privati, spesso operanti in borsa per la prima volta, che ha portato aziende come Gamestop, sull’orlo del baratro, da una quotazione di pochi dollari a una cifra record superiore ai 400, costando miliardi agli hedge funds che scommettevano sulla discesa del titolo.
Ma più in generale, come osserva Roose, YOLO sta a testimoniare un nuovo atteggiamento che ha catturato un certo tipo di persone annoiate e insoddisfatte, con più tempo per riflettere sulla propria vita.
È il caso di Brett Williams, 33 anni, avvocato di Orlando, in Florida, che ha avuto la sua rivelazione YOLO durante una riunione su Zoom a febbraio.
“Mi sono reso conto che ero seduto al bancone della mia cucina 10 ore al giorno sentendomi infelice”, ha detto. “Ho pensato: Cosa ho da perdere? Potremmo morire tutti domani”.
Potremmo morire tutti domani
L’orizzonte temporale su cui ragioniamo incide e orienta le nostre decisioni. “Potremmo morire tutti domani”, non ha indicato solo una nuova consapevolezza della fragilità umana, ma ha spesso portato a uno spostamento verso l’edonismo, verso il presente e un atteggiamento meno prudente verso i rischi futuri.
Nassau William Senior, un economista liberale inglese del diciottesimo secolo scriveva: “Astenerci dal godimento che è in nostro potere, e ottenere risultati futuri anziché immediati, sono tra le decisioni che mettono più alla prova la volontà umana”.
Ma se il futuro appare così incerto e fragile, perché privarsi del piacere del presente?
Perché spendersi in attività poco redditizie e significative in vista del domani?
Oltre questo, c’è da dire che diventa tutto più difficile e meno credibile quando intorno si vedono persone che invece non si sacrificano affatto.
“I loro capi li stavano annegando in lavori banali, o cercavano di automatizzare il loro lavoro, e comunque non riuscivano a dare loro sostegno durante uno degli anni più difficili della loro vita”, scrive ancora Roose.
Brutta storia quando predichi bene e razzoli male.
Oppure quando solo valuti male le condizioni esistenti.
Che sia perché il lavoro non remunera abbastanza o perché hai sviluppato una propensione maggiore al rischio i tempi stanno cambiando.
E questo dovrebbe fare riflettere soprattutto chi è a capo di gente giovane e non più di “baby boomer” come me, tirati su a dosi iper-vitaminiche e massicce di incrollabile fiducia talebana nel modello economico.
Persa la fiducia nel sistema, perché essere fedeli?
Magari con qualche risparmio dovuto alle poche uscite durante i lock-down si può affrontare un altro progetto futuro.
E così tanti giovani stanno cambiando vita.
Non vale sempre la pena di accettare.
Soprattutto se non c’è reciprocità.
Questa pandemia sta portando una rivoluzione in molti ambiti e prima di tutto nelle nostre menti.
La vita non è eterna e non tutto vale la pena di essere fatto.
Non tutti le fatiche valgono la candela in mondo interpandemico.
Il lavoro non è più un valore assoluto se non viene gestito con saggezza ed equità.
Il mercato non regge alla prova del nove della necessità delle persone di trovare un significato vero.
La situazione nordamericana dovrebbe essere un segnale per noi europei.
Un richiamo per interpretare, apprezzare e difendere un sistema di valori europeo dedicato a una maggior tutela del valore del lavoro e delle parti più deboli nella contrattazione.
Una indicazione per trovare convergenze ed evitare vincitori e vinti.
O si comprende che il gioco sociale della domanda e dell’offerta deve essere mediato e non lasciato in pasto alla legge del più forte o le persone troveranno modi per dare altro significato alla loro esistenza.
E se non potranno farlo l’unica e ultima scelta di ribellione sarà violenta e dolorosa per tutti.

Manager, Advisor, Autore, Speaker|
Per oltre trent’anni sono stato nel mondo delle vendite, iniziando da agente sino ad arrivare ad occupare posizioni apicali in aziende come Diesel, Adidas, 55DSL, OTB.
Parallelamente ho iniziato ad avvicinarmi al mondo della motivazione e della crescita personale, convinto che spetti sempre a noi prendersi la responsabilità delle nostre esistenze.
Questo mi ha portato a studiare, cercare, testare, risposte ai continui quesiti della vita e del lavoro, come: “Perché alcune persone sono in grado di correre ultramaratone e altre faticano ad alzarsi dal divano?” “E perché le stesse persone che corrono una ultramaratona nel weekend, in ufficio svogliate ti rispondono: Prenditela tu la risma per la stampante?”
Da ormai vent’anni ho fatto di questo il mio lavoro e la mia missione, aiutando individui e organizzazioni a raggiungere gli obiettivi mantenendo la propria umanità.
Alcune delle aziende e organizzazioni con le quali ho collaborato, come formatore e speaker, comprendono: Amway, Banca Mediolanum, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Bayer, Calzedonia, Cassa Centrale ,CNA, Confartigianato, Confindustria, Giuffrè Editore, Herbalife, Juice Plus, Just Italia, JUUL, LIoyd’s, Liu·Jo, Lotto, Nespresso, Revlon, Scavolini, Sony Italia, UNIPD, Wella e molti altri.