Il papà è un cerchio intero.

In Graffi sull'anima
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È un percorso strano quello della vita.
Da campione diventi squalificato.
Da immortale protagonista a paurosa e acciaccata comparsa.
Deve essere il meccanismo con cui ci difendiamo dalla disgregazione e dal buio finale.
Piano piano, comprendiamo la fragilità e l’imperfezione, così l’istinto e la natura ci preparano a uscire di scena.
Possibilmente con eleganza, con garbo e disturbando il meno possibile.
In tutto questo processo ti può succedere di rivestire molteplici ruoli.
Ruoli che si arrotolano su se stessi e si avviluppano come due edere mostrandosi facce inedite ad ogni giro del tempo.
Genitori o figli. Figli dei genitori. Genitori dei figli.
Molti di noi, arrivati alla mezza età sono alle prese con i commenti dei figli che crescono.
Commenti che sottolineano, come se fossero report, le mancanze, gli sbagli, incongruenze, le sviste e le omissioni.
Frasi a volte vestite da condanne a morte, a volte camuffate da opinioni neutrali in cui in filigrana si legge la frase: “Beh, vedi tu se questo ti sembra bene.”
E il più delle volte ti rispondi fra te e te che: “In effetti bene non è”.
Inutile raccontare della sofferenza che queste analisi impietose generano nella pancia di mamme e papà già in lotta contro i draghi di lavori poco generosi, di economie stagnanti, di capi e colleghi ruvidi e squilibrati come loro, di clienti affamati di servizi e cortesie a basso prezzo.
Sono commenti spezzettati. Parziali. Con poca attenzione per il contesto come è probabilmente logico che sia.
Commenti e critiche prendono in considerazione solo alcuni segmenti del cerchio vitale dei genitori e soprattutto sono basati su alcune aspettative di perfezione.
In effetti essendo tu – padre o madre – il creatore, dovresti essere il più perfetto possibile.
Invece perfetto non sei.
Tu dalla tua, dalla tua parte di genitore ti ritrovi a raccomandare, consigliare, suggerire, ordinare nella speranza di evitare dolore perché hai già strofinato il mento sull’asfalto del mondo.
Genitore.
Ruolo poco gratificante e non retribuito, a metà tra il prete senza tonaca e il professore senza cattedra, spesso e sperabilmente, con l’aggravante dell’amore incondizionato che ti rende capace di accettare qualsiasi giustificazione.
Genitore.
Quello che ha lo sgradevole compito di dare interpretazioni esistenziali alla luce di quel poco o tanto che ha capito.
Quanto hai mal sopportato e rispedito al mittente tutto questo quando eri figlio a tua volta te lo ricordi, ma ora sei passato dall’altra parte della barricata.
Non hai mai fatto ammenda con i tuoi, mai riconosciuto che c’era almeno un intento buono.
Anche tu li hai lapidati, fatti a pezzi, tagliati a fette, ridotti in brandelli, in modo che ne saltasse fuori tutta l’incoerenza della loro umana natura.
Non per cattiveria.
Solo per difendere il tuo mondo.
Per preservare dalle fessure del dubbio la tua immortalità.
Per garantire la perfezione del tuo cerchio.
E adesso capisci che si poteva proteggere tutto questo senza demolire l’altro di cerchio.
Quello dei tuoi, di cui non intravvedevi la fragilità.
Erano cerchi anche loro.
Fatti di tante cose, di tanti sentimenti, di tante incertezze e paure.
Speravano ingenuamente di farle evitare a te.
Si sbagliavano il più delle volte.
Ma sbagliavi anche tu quando pensavi che fossero meno complessi di quanto non lo fossi tu.
E davi per scontato che fossero nati solo per metterti al mondo senza che tu lo chiedessi.
Anche loro, come te, contenevano e contengono moltitudini.
E non è mai tardi per accorgersene.
Anche se non ti danno, anche se non vogliono, anche se non possono più darti consigli.
Anche il papà, come te è un cerchio intero.

Note:

  1. Passare tempo assieme è un rimedio. Passare tempo non pianificato. Fuori dagli schemi, dagli orari canonici e dalle routine. Mostra ai figli che i genitori sono altro che non tutori. E mostra ai genitori che i figli hanno volontà, gusti, preferenze. Mostra a entrambi le parti che esistono altri modi di vivere. E il modo giusto è quello che ti fa stare bene e non quello che le convenzioni sociali t’impongono. I cerchi interi sono autonomi e stanno bene assieme, meglio di quanto non stiano bene assieme dei cerchi incompleti.
  2. Decidere di appuntare le cose belle uno dell’altro è un rimedio. E poi dirsele.
    È facile annotare tutte le schifezze che la vita quotidiana ti deposita addosso. Meno facile, anzi considerato come fonte d’imbarazzo, è il pronunciare: “di te oggi mi è piaciuta questa azione, questa parola che hai detto, questo comportamento o gesto”. Questo è difficile, ma aiuta a sentirsi riconosciuti come cerchi interi.
  3. Contare fino a cento prima di giudicare esplicitamente. Vale sempre. E protegge i cerchi interi.

 

E comunque vada, tatuarsi in grande che essere genitori ed essere figli non è un lavoro.
Non è una questione contrattuale come tutte le altre.
È un modo di vivere, è un aspetto dell’esistenza.
Una maratona volontaria che non finisce, se non per cause naturali.
Non si fallisce mai nell’esistenza finché si esiste.
Non si perde mai.
Casomai saremmo potuti essere più felici.
Ecco questo sì.
È il modo e lo stile con cui si corre questa maratona un obiettivo valido.
A questo serve l’amore senza contropartita
A non mollare la presa e ipotizzare scenari sempre più felici.
L’amore serve a non fare diventare il rapporto una bilancia, una partita doppia di dare ed avere.
Serve a creare cerchi interi.
Ognuno perfetto a modo suo.

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