“Ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla. Se ci pensi imparerai a fare le cose diversamente”.
A dare questo consiglio è l’oracolo di Omaha, Warren Buffett, per molti il più grande investitore di tutti i tempi. La cosa paradossale è che oggi sembra un triste e inatteso avvertimento per il suo storico e illustre amico: Bill Gates.
Nel giro di una settimana infatti Gates è stato risucchiato in un vortice di analisi facendo emergere tristi e a volte dimenticate verità.
Come ha scritto di recente sul Corriere della Sera Matteo Persivale: Gates è passato in un attimo da «uomo più intelligente nella stanza» a quello più stupido.
Sia chiaro fin dal principio: non ho nessuna antipatia preconcetta verso i protagonisti che cito in questo post.
Anzi, li considero specifici geni in alcuni campi dell’avventura umana su questo pianeta. Certo che se per genio si intende quella speciale attitudine naturale atta a produrre opere di importante rilevanza artistica, scientifica, etica o sociale (come cita Wikipedia) che crea prodotti “ che devono essere anche modelli, cioè esemplari; quindi, senza essere essi stessi frutto di imitazione, devono servire a tal scopo per gli altri, cioè come misura o regola del giudizio” come scrive Kant, allora c’è da riflettere.
Quindi prendete le righe che seguono, vi prego, come una riflessione pacata sull’opportunità o meno di elevare alcuni individui a maestri di vita e non come una critica pregiudiziale o una sentenza.
Torniamo a Bill Gates.
Dopo l’annuncio della fine della relazione con Melinda Gates, sono emersi e riemersi dei fatti, come una serie di incontri di Gates tra il 2011 e il 2014 con il miliardario Jeffrey Epstein, una relazione che Gates ebbe con un’impiegata Microsoft nel 2000, rapporto che lui attraverso una portavoce ha confermato e definito «finito in modo amichevole», una sfilza di sue mail a dipendenti Microsoft in cui le persone venivano invitare a uscire insieme a lui; tra l’altro la stessa Melinda, Melinda French, ormai sua ex moglie, negli anni ‘80 era product manager presso Microsoft quando venne invitata a un appuntamento da Gates.
“Possiamo tranquillamente concludere” scrive Persivale, “che qualunque avvocato americano sano di mente proibirebbe a un manager di invitare fuori le dipendenti e concentrarsi su persone che non lavorano per lui e farebbe presente come, per un uomo nella posizione di Gates, frequentare un condannato per pedofilia partecipando a numerose riunioni a casa sia sia una idea un’idea folle al netto di quello che succede effettivamente nella casa, anche se davvero lo scopo della visita è quello di parlare di lavoro.”
Divinità e lati oscuri (il declino di Gates e di altri come lui”)
La fine del matrimonio e gli scandali di cui sopra sono solo la parte più appariscente di un iceberg. La “lezione” di questi giorni in cui tutti stiamo scoprendo il lato “stupido e cattivo” di Gates riguarda qualcos’altro: la tendenza a divinizzare persone di cui sappiamo poco e niente, la facilità con cui troppo spesso aderiamo a narrazioni di parte o, come sarebbe meglio dire, “pornografiche”, nel senso che cancellano le parti meno nobili per lasciare solo quelle molto appetibili e affascinanti.
Su Gates ad esempio, un quadro molto accurato e impietoso lo si può trovare in questa riflessione di Rob Larson e Nathan J. Robinson apparsa su “Current Affairs”.
“Molte persone oggi dimenticano che prima della sua immagine pubblica caritatevole da nonno”, esordiscono gli autori “Gates era un famigerato bastardo della classe dirigente”.
Oggi, o meglio sino a qualche giorno fa, ritratto come filantropo inarrestabile, è stato spesso citato come la persona più influente e impegnata contro il cambiamento climatico.
Il suo nuovo libro sul cambiamento climatico gli ha persino permesso di assumere il ruolo di editore Fortune per un giorno, privilegio mai concesso nella storia. Tuttavia vale la pena osservare che lo stesso Gates abbia una delle più grandi impronte ecologiche di qualsiasi essere umano nel mondo. Vive in una villa di 6100 metri quadri con 24 bagni che vale 145 milioni di dollari, costruita utilizzando mezzo milione di tronchi di legno di alberi centenari. Secondo uno studio accademico ,il suo jet privato da solo ha emesso 1.629 tonnellate di anidride carbonica nel 2017.
Volendo continuare a esplorare i lati oscuri, si potrebbero citare anche alcuni dettagli della Fondazione Bill e Melinda Gates, dal fatto che il patrimonio personale di Gates sia iniziato ad aumentare da quando è attiva la fondazione, alle ingenti donazioni a enti privati, quasi sempre operanti nel settore farmaceutico. Una critica mossa al suo operato in tempi non sospetti è che di fronte ai problemi non si cerchi la soluzione più corretta ma solo e sempre una soluzione scientifica con risvolti economici. Il capo della ricerca sulla malaria dell’OMS, Arata Kochi, a un certo punto si è lamentato del fatto che la fondazione “stava dando la priorità solo a quei metodi che si basavano su nuove tecnologie o sviluppando nuovi farmaci”, e quindi “soffocando il dibattito sui modi migliori per curare e combattere la malaria.”
Come detto si potrebbe continuare con i lati oscuri, ma l’aspetto su cui mi piace ragionare, senza scadere nella morbosità del gossip del momento che nn mi piace né interessa, è quello di come Gates sia in ottima (o cattiva a seconda dei punti di vista ) compagnia.
Ogni giorno sui social ci passano davanti meme motivazionali e pillole di saggezza, idee elevate a dogmi per vivere bene per via del successo economico e patrimoniale personale dei loro autori. Ma con un po’ di lucidità ed informazioni potremmo fare la tara alle conclusioni. Due altri esempi, dopo Bill Gates, sono Steve Jobs ed Elon Musk.
Steve Jobs
Ci sono numerose evidenze e testimonianze riportate pubblicamente dai media di come Jobs avesse creato una “polizia interna” chiamata dai dipendenti “Apple Gestapo” per indagare sui dipendenti poco fedeli o su eventuali comportamenti sleali.
Di come fosse molto propenso a trattare malissimo i dipendenti facendoli sentire inadeguati e umiliandoli pubblicamente.
Di come non avesse grandi problemi nell’usare il famigerato “sweatshop labor” negli stabilimenti di fornitori senza grandi scrupoli come quello della Foxconn a Longhuan in Cina.
Stabilmente portato dai media alla ribalta per le condizioni drammatiche dei lavoratori, come riportato nel libro “The One Device: The Secret History of the iPhone “di Brian Merchant.
Anche per Jobs evito di riportare nel dettaglio molti avvenimenti della sua vita personale familiare ed amicale che potrebbero magari anche essere fuori dal tema del comportamento aziendale e di business ma che rimangono comunque emblematici.
Il fatto che fosse per nulla propenso alla beneficenza o che non avesse mai offerto stock option ai primi collaboratori lasciando che fosse Wozniak di tasca sua a prendersi a cuore la questione potrebbero anche essere tralasciati .
Ma se ci domandiamo se Jobs sia davvero un esempio da osannare e proporre ai giovani come prototipo di imprenditore per il futuro forse una riflessione è d’obbligo.
Elon Musk
Parlando di genialità e lati oscuri, un posto di rilievo spetta senz’altro a Elon Musk, geniale imprenditore sudafricano che ha stravolto il mondo e a quanto pare sembra voler andare oltre con il progetto Spacex. Bello, con una triste storia di abusi alle spalle, che apparentemente lo rende più umano e simpatico, ricchissimo, molto più diretto di qualsiasi altro miliardario della storia. Ecco, forse anche troppo diretto. Il suo rapporto con twitter ad esempio ha lasciato molto increduli: dai tweet sulla presunta relazione con Bill Gates a un continuo trolling sulle azioni Tesla – qualche mese fa disse che erano troppo alte e dopo pochi minuti crollarono – ma anche in appoggio alle recenti vicende di Gamestop e dei gruppi Reddit – in quel caso si lanciò in un clamoroso e dichiarato supporto, provocando un rialzo ancora più eclatante. Recente invece la notizia, sempre espressa a modo suo, che non bisognerebbe prenderlo troppo in considerazione in quanto soffrirebbe della sindrome di Asperger: “ Lo so che a volte dico o posto cose strane, ma il mio cervello funziona così. A chi si fosse offeso posso solo dire: ho reinventato le automobili elettriche e sto mandando astronauti su Marte in una nave spaziale: pensavate davvero che fossi un tipo normale e rilassato?».
Di sicuro c’è che di Musk probabilmente abbiamo capito solo una piccolissima parte.
Oppure, come ha ironizzato NicK Bilton l’anno scorso su Vanity Fair, ci sta prendendo tutti in giro: “Elon Musk è in missione. È in missione su Marte. È in missione per salvare l’umanità dalla sua dipendenza dai combustibili fossili, che potrebbero distruggere il pianeta e ucciderci tutti. Ha una missione per salvarci da algoritmi di intelligenza artificiale che diventano disonesti e macchine che mettono fine alla vita umana come la conosciamo. È in missione per aiutare a salvare un gruppo di ragazzi intrappolati sottoterra in Thailandia. È in missione per dimostrare che il tasso di mortalità del coronavirus è notevolmente sopravvalutato. Scavare gallerie sotterranee per alleviare il ciclo fatuo degli ingorghi. Per salvare il giornalismo. Per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Per trasportare persone in missili terrestri da un continente all’altro in pochi minuti. Abitare altri pianeti prima che il sole esploda e trasformi i nostri oceani in vasche d’acqua bollenti, i nostri cieli in morte piena di vapore, le nostre terre in croste di carbonio dell’oscurità. È in missione per abitare altri sistemi stellari. (…) Ma ormai Musk sembra in missione per un’altra cosa: “sbattersene il cazzo di ciò che la gente pensa di lui”.
C’è però anche qualcosa di serio, di nebuloso, forse non ancora emerso o compreso.
Un ossimoro per iniziare. Il Mosè del ventunesimo secolo, colui che ogni giorno scommette sul portare l’umanità in un nuova direzione e farci vivere più liberi e felici, pare viva solo per il lavoro. E, soprattutto, chiede a chiunque lo circondi di fare altrettanto.
In un’intervista che ha avuto grande risalto con Lesley Stahl ha senza nessun pudore ammesso di avere grande disprezzo per le autorità e considerare le organizzazioni statali dal National Transportation Safety Board alla SEC soprattutto quando gli viene chiesto di adeguarsi a leggi o regolamenti.
Ha poi soprattutto sviato per tutto il tempo le domande dell’intervistatrice. Domande che chiedevano lumi sulle condizioni di lavoro dei suoi dipendenti, costretti a lavorare.
Lesley Stahl: Ci sono accuse di infortuni non denunciati, ore eccessive. Condizioni abusive.
Elon Musk: Bene, è importante sottolineare che c’è stata una campagna aggressiva da parte della UAW per attaccare assolutamente Tesla con un carico di sciocchezze … al fine di cercare di sindacalizzare la compagnia.
Lesley Stahl: Quindi pensi che abbiano tirato fuori queste accuse?
Elon Musk: Sì. Queste sono assurdità assolute.
Lesley Stahl: Beh, ci sono diverse indagini da parte della stampa e delle autorità di regolamentazione in California sugli infortuni sul lavoro. Respirazione di fumi tossici, lesioni da stress, oltre 100 chiamate in ambulanza.
Elon Musk : Non penso che sia corretto.
Elon Musk: Vivevo letteralmente in fabbrica. Se questi … se ci sono, tipo, fumi tossici, li sto respirando anche io. Va bene così?
Anche nella vita privata l’immagine che ne viene fuori, dal racconto delle sue mogli, è quella di un uomo che ci tiene ad essere al comando e che tutto funzioni secondo le sue regole.
Justine Wilson, la sua prima moglie, ha di recente confidato che, in occasione del loro matrimonio, nel 2000, durante il ricevimento, Musk abbia subito tenuto a precisare: “Sono l’alfa in questa relazione”.
Wilson ha detto che in quel momento pensava scherzasse ma si sarebbe resa conto che parlava in modo assolutamente serio.
Spesso si ritrova a parlare con Musk: “Sono tua moglie, non una tua dipendente”.
Al che lui rispondeva: “Se tu fossi un mio dipendente, ti licenzierei”.
Anche la sua seconda moglie, con cui si è sposato e separato due volte, racconta un’esperienza di questo tipo. In un’intervista ha sintetizzato così: “È il mondo di Elon e il resto di noi ci vive”, facendo intendere che per coloro ai quali non va bene non c’è alcuna possibile convergenza ma solo il cambiare strada.
Come detto, forse Musk dobbiamo ancora conoscerlo e comprenderlo, rimane il fatto che è forse proprio lui l’emblema del miliardario che tendiamo a idolatrare, e forse in generale l’emblema degli uomini e delle donne. C’è sempre un “dietro delle cose”.
Qual è il punto? Pornografia
La legge n. 1188/1927 prevede che per l’intitolazione di nuove strade e piazze pubbliche e l’approvazione di targhe e monumenti commemorativi si debba aspettare che le a persone siano decedute da almeno dieci anni e su autorizzazione del prefetto.
Con la circolare n. 18 del 29 settembre 1992, il Ministero dell’Interno ha fornito direttive alle Prefetture, – titolari del potere di autorizzazione per farlo con persone che siano decedute da meno di dieci anni.
Ignoro lo spirito originario della legge ma immagino che fosse quello di dare tempo al tempo prima di indicare in qualche individuo un esempio da seguire.
“Sic transit gloria mundi “ in italiano: “così passa la gloria del mondo”.
Queste parole, secondo l’antico rito, venivano infatti ripetute dal cerimoniere al nuovo Papa subito dopo la sua elezione e così rammentava al capo della Chiesa cattolica, la transitorietà del potere temporale.
Insomma, bisogna andarci piano con le glorificazioni in terra e anche con quelle dopo.
La storia si torce e contorce, padroni e servitori cambiano idee e posto, i centri di potere si invertono.
Un tema che ho affrontato e analizzato anche parlando di Leadership in un podcast Audible che uscirà a breve, è che la storia, le narrazioni sono sempre raccontate da chi ha più potere.
Julio Velasco ama ripetere che: “Chi vince festeggia, chi perde spiega”. Ma se questo vale nello sport, nel business e in tante aree della vita è più giusto dire che “sino a quando vinci e festeggi puoi raccontare tutte le storie che vuoi”.
Ancora su Gates ad esempio, vale la pena ricordare come nel documentario Netflix Inside Bill’s Brain emerge sempre una sola tesi: Bill Gates è un genio. “Non è come me e te. È un affascinante risolutore di problemi dedito a salvare il mondo. Il film presenta tutti i tipi di persone vicine a Gates che lodano il suo intelletto e il suo spirito pubblico. “Inside Bill’s Brain” è diretto da Davis Guggenheim, che ha anche realizzato il documentario sulla scuola professionale Waiting For Superman (la società di produzione del film ha ricevuto 2 milioni di dollari in denaro dalla Gates Foundation). Guggenheim è chiaramente in soggezione nei confronti di Gates, e fa infinite domande sul softball, comprese le domande sul suo animale preferito (cane) e sul cibo (hamburger).” Ma nessuna domanda sui punti poco chiaro della sua storia.
Insomma, bisogna andarci piano con le glorificazioni in terra e anche con quelle dopo.
La storia scrivevo, si torce e contorce, padroni e servitori cambiano idee e posto, i centri di potere si invertono, e chi vince decide la narrazione fino a quando non perde.
Non è la prima volta che qualcuno portato in palmo di mano come esempio diventa con il tempo totalmente inadeguato e a volte addirittura esecrabile.
Questo pericolo di idolatrare persone che alla fine sono solo superlativi campioni nell’arte di primeggiare nel mercato è particolarmente presente nella nostra società che ha sviluppato modalità sofisticate nel dirigere il brand personale e in cui aspetti valoriali diversi dalla ricchezza patrimoniale fanno fatica ad essere presi in considerazione.
Il pericolo è portare come esempi virtuosi personaggi discutibili che fanno a pugni con il senso di sostenibilità anche sociale onnipresente in tutti i discorsi pubblici di aziende, amministratori delegati, manager, quadri e dipendenti.
Qual è il punto? L’economia degli stronzi
Il pericolo è confondere ottimi risultati di bilancio con quello che serve al mondo.
Il pericolo è anche quello di ignorare che purtroppo a volte nello specifico gioco del mercato vincono gli “stronzi”.
A scanso di equivoci e offese vale la pena ricordare la definizione di “stronzi” che troviamo in “Assholes, a Theory” di Aaron James :
“Nei rapporti interpersonali o di cooperazione, lo stronzo: (1) si permette di godere di particolari vantaggi e lo fa sistematicamente; (2) lo fa per un senso di diritto radicato; e (3) è immunizzato dal suo senso di diritto contro le lamentele di altre persone”.
Rileggendo le biografie delle persone più influenti e ricche della storia – come ha ben osservato ancora una volta Nathan J. Robinson – nessun miliardario afferma di essersi arricchito ingiustamente. Ognuno di loro riconosce il ruolo della fortuna nel successo, ma non crede che il gioco sia stato fondamentalmente ingiusto. Ognuno vuole raccontarci la storia di quanto duramente abbiano lavorato, di come ha prodotto vantaggi per le persone e di come ottenere un miliardo di dollari sia stato semplicemente un piacevole effetto collaterale delle loro attività piuttosto che l’obiettivo finale.
Anche Donald Trump in “The Art of the Deal” apre con la frase: “Non lo faccio per soldi”.
Ogni uomo o donna di successo insomma tende a presentarsi come una persona morale che si prende cura degli altri e che spesso il successo è una frutto proprio del prendersi cura delle persone.
Il business crea valore per la società, e quindi è auspicabile. Ciò significa non solo che sia legittimo fare più soldi che puoi, ma potrebbe anche significare per estensione che più soldi guadagni, migliore sei come persona.
Il leggendario investitore Ray Dalio, afferma che le fortune sono distribuite in proporzione alla misura in cui qualcuno “dà alla società ciò che vuole”, allora la persona con più soldi ha fatto di più per soddisfare le altre persone. Il prezzo è uguale al valore.
E’ sempre e necessariamente vero?
Peter Thiel, un altro investitore, un giorno ha confessato agli studenti di economia che gli innovatori in realtà non tendono ad arricchirsi. Le persone che si arricchiscono sono monopolisti: coloro che vedono un’opportunità per controllare qualcosa di cui hanno bisogno un gran numero di altre persone e che possono eliminare la concorrenza.
Rileggendo la storia alla luce di quest’ultima affermazione ecco che molti mitizzati cadono o possono essere messi in forte discussione: Gates, Jobs e Musk ad esempio.
Se le persone diventano “ricche”, dominanti, sfruttando un gioco ingiusto, pratiche discutibili, comportamenti sleali o border line è realmente buono per la società indicarli come campioni da seguire per chi viene dopo?
Le statue, le targhe ed i monumenti commemorativi sono figli del loro tempo e la discussione sulla “Cancel culture” è aperta. E gli eroi e le eroine vanno scelti con cura perché la storia si torce e ritorce anche per Bill, Elon e Steve.

Manager, Advisor, Autore, Speaker|
Per oltre trent’anni sono stato nel mondo delle vendite, iniziando da agente sino ad arrivare ad occupare posizioni apicali in aziende come Diesel, Adidas, 55DSL, OTB.
Parallelamente ho iniziato ad avvicinarmi al mondo della motivazione e della crescita personale, convinto che spetti sempre a noi prendersi la responsabilità delle nostre esistenze.
Questo mi ha portato a studiare, cercare, testare, risposte ai continui quesiti della vita e del lavoro, come: “Perché alcune persone sono in grado di correre ultramaratone e altre faticano ad alzarsi dal divano?” “E perché le stesse persone che corrono una ultramaratona nel weekend, in ufficio svogliate ti rispondono: Prenditela tu la risma per la stampante?”
Da ormai vent’anni ho fatto di questo il mio lavoro e la mia missione, aiutando individui e organizzazioni a raggiungere gli obiettivi mantenendo la propria umanità.
Alcune delle aziende e organizzazioni con le quali ho collaborato, come formatore e speaker, comprendono: Amway, Banca Mediolanum, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Bayer, Calzedonia, Cassa Centrale ,CNA, Confartigianato, Confindustria, Giuffrè Editore, Herbalife, Juice Plus, Just Italia, JUUL, LIoyd’s, Liu·Jo, Lotto, Nespresso, Revlon, Scavolini, Sony Italia, UNIPD, Wella e molti altri.