Cosa fai tu?

In Graffi sull'anima
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Mi sa che ormai in tanti sono in ferie. Allora ho pensato di fare due parole immaginandomi di essere sotto l'ombrellone. "Cosa fai tu?", la domanda più estiva e balneare tra vicini di lettino. Ecco. Questo è quello che faccio io. Voi cosa fate ?

Scrivi bene la tua missione.
Spiega alla gente cosa fai esattamente.
Chiarisci la tua “offerta di valore” e la tua “Unique Selling Proposition”
A volte lo dico io a quelli che mi chiedono come possono fare per vivere facendo ciò che gli piace.
A volte lo dicono a me.
Ma non é che mi vada sempre bene. É utile, in un mondo disattento e distratto.
Serve a vendere in fretta ciò che hai.
Ma non mi riempie l’anima.
Non é sbagliato, ma io, proprio io,sono arrivato ad una età in cui abbraccio più volentieri i rimorsi che i rimpianti.
E non voglio correre il rischio di fare ancora cose solo per riempire la pancia.
E non riempire il cuore.
Con tutti i rischi che questo comporta.
Me li prendo. Come al solito.
Se sbaglio pago.
Ecco che allora scrivo cosa mi piace fare , in un modo che verrebbe cassato da un esperto di marketing, ma passa il vaglio dell’esperto della mia coscienza.
Me stesso.
Mi basta.
Conosco tanta gente.
Ho tanti amici da abbracciare e qualche nemico da cui sto distante perché non riesco a spiegargli che non ho tempo da perdere in recriminazioni e a dire il vero probabilmente non ce l’ha nemmeno lui.
E che tutto passa nella vita.
Il giorno in cui ho fatto i cinquanta anni non me lo ricordo bene.
Ero troppo assorto a ridare una direzione alla mia esistenza.
È’ arrivato in un momento difficile.
Quei momenti in cui rigiri come un calzino la tua vita e trovi che in fin dei conti il viaggio che hai fatto fino a quel momento non ha più il senso che gli davi prima.
Le cose cambiano anche se non ti piace.
Dipende dal raggio che ti illumina in quel momento.
Rifrangi la luce che ricevi.
Che ti sei cercato.
Ecco.
Cerco raggi di luce che arrivino nei momenti bui.
Questo é quello che faccio.
Provo a dare significato.
Cerco di dare il motivo.
Di stimolare a trovare il motivo.
Si, certo, capisco di vendite, di marketing, di aziende.
Lavoro per grandi nomi, ho girato mezzo mondo, ho tenuto seminari con un sacco di gente molto più brava di me, ho fondato riviste e diretto scuole, ho avuto i miei successi e i miei disastri, disastri da cui ho imparato soprattutto che non sei mai la divinità che pensavi di essere.
Ma tutto questo riguarda la tecnica.
Il come fare.
Il come stare a galla o primeggiare nel mercato é come sapere come giocare bene a calcio a carte.
Lo impari.
É questione di maestri e di sforzo.
Ma si impara.
Quello che non impari facilmente é il perché farlo.
Trovare il significato del mettersi in gioco e iniziare a darsi da fare.
Che sennò rimani lì fermo, vivendo la vita degli altri.
Questo faccio soprattutto.
Spingo ad agire.
Ragiono con chi mi da fiducia sul perché e sul significato laico da dare a questa corsa terrena che sempre più spesso ci appare insensata.
Ma il senso da qualche parte esiste.
È una volta trovato, una volta che ci si é messi in moto, allora i risultati arrivano.
Perché rimane solo una questione di tecnica, di pratica, di regole esterne.
Difficile magari, ma possibile,
Mentre la motivazione é dentro.
Al buio. In attesa di un raggio di luce.
Non c’è una regola.
C’è solo una esplorazione.
Alcuni lo fanno da soli, altri in compagnia.
A me piace questo.
Aiutare la gente a trovare il perché giocare ad un gioco economico così duro.
Senza significato non esiste ragione per fare.
Senza significato e perché non si applicano tecniche.
Non ci si alza presto e si va a letto tardi, stanchi ma felici.
Senza un motivo nostro, ci tocca usare i motivi degli altri.
E i motivi degli altri non danno né colore né sostanza ai nostri sogni.
Questo faccio o provo a fare, meglio che posso.
Supporto le persone che ritengono che io abbia dei contenuti o delle modalità che risuonano con loro a fare il viaggio, stanchi ma il più possibile felici o sereni.
Portando a casa ciò che vogliono.
Imprese, soldi, promozioni, progetti.
Rimanendo umani.
Diventando più umani.
Perché alla fine quello che resterà é quello che avremo fatto e come lo avremo fatto.
Ecco.
Ho infranto le regole del self marketing.
Troppo lungo. Troppo emotivo. Troppo personale.
Ma sapete una cosa?
Va bene così.
Perché la penso un po’ come Walter Mitty nella scena finale…quando dice al tizio che per lavoro tratta male la gente della rivista : “Tu hai i tuoi ordini da eseguire e devi fare quello che devi….questo lo capisco. Ma non devi per forza fare lo stronzo. Incidilo su una targa ed attaccalo nel tuo prossimo ufficio”.
Buone Vacanze e buon Viaggio.
Sebastiano

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