Abbiamo tutti bisogno di uno specchio

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E’ lo specchio che ti permette di vedere chi sei o perlomeno come appari agli altri.

L’evoluzione dello specchio è curiosa, dalle pozzanghere fino alla scoperta di Justus von Liebig che, nel 1835, rivestì di argento uno dei due lati di una lastra di vetro, attraverso mille prove e tentativi, arriviamo fino ai perfetti specchi di oggi.

E quando noi assumiamo il ruolo di venditori che specchio usiamo e soprattutto perché dovremmo usarlo?
Negli ultimi tempi le richieste di consulenze e di aiuto che mi arrivano tendono a convergere. Necessità di chiarezza.

Esiste una necessità diffusa di fare i conti con il proprio mestiere e le proprie propensioni, con i metodi e le finalità.
L’ambiente rende confuso e incerto ogni cammino e ogni identità. E questo vale anche per me.
Chi mi dice che quello che sto facendo è giusto?
Chi mi conferma che sto facendo davvero ciò che immagino stia facendo?
Insomma, in un mondo disgregato quanto a valori e punti di riferimento, siamo attori sul palcoscenico di un teatro che non ammette errori ma che ha grandi ricompense per chi reciterà con sicurezza.

Sì. Abbiamo bisogno di uno strumento per valutare e regolare la nostra azione.
Uno specchio, ma non uno specchio muto e neutrale.
Uno specchio capace di rendere chiari e allineare azioni agli obiettivi di chi si rimira in esso.
Uno specchio che lasci la responsabilità della scoperta e del giudizio allo spettatore ma allo stesso tempo lo spinga a rendersi conto della realtà.
Uno specchio che stimoli chi gli si mette davanti a produrre nuove soluzioni e metodologie per raggiungere i risultati.
Senza sensi di colpa ma generando energie inaspettate.

Lo specchio ha sicuramente due funzioni nella nostra esistenza.
Permette l’auto-riconoscimento e quindi ci conferma che siamo quello che siamo.
Permette la cosmesi, e quindi ci consente di modificarci esteticamente in relazione a ciò che vogliamo ottenere.

Ora, se abbiamo venditori che dipendono da noi, non possiamo esimerci dalla responsabilità di fungere da specchio.
Chi ha una forza vendite riceve, anche se non scritto, il mandato di verificare con la sua gente sul campo, obiettivi, ostacoli, opzioni, azioni.
E’ un generatore di entusiasmo e possibilità.
Uno strano meccanismo in cui vengono inseriti dubbi, paure, angosce e ne fuoriesce pura potenzialità priva di giudizi depotenzianti e critici.

La domanda chiave è “ E quindi?”.
E quindi da qui dove andiamo?
Cosa facciamo?
Come facciamo?
Come rimediamo?

Molti chiamano questa attività “coaching”, ma il nome in verità ha poca importanza.

Molto più interessante è la natura di questo lavoro fatto con i componenti della propria squadra. Molti responsabili vendite sono “irresponsabili vendite” e se la cavano facilmente dicendo e spiegando che il problema di fare crescere le persone non è loro. E sbagliano.

Perché fare crescere le persone professionalmente e sostenerle nei momenti bui è la prima grande responsabilità di un capo. Tutti sono capaci di ottenere risultati da squadre fantastiche, iper-pagate, super-motivate di loro. Ma per esperienza personale, queste situazioni sono rare e se ci sono non hanno bisogno di capi, perché funzionano già bene di loro.
Servono capi per fare crescere il potenziale.

In un momento tanto duro di mercato, immaginare che senza una profonda comprensione del vantaggio di fungere da coach alla propria squadra anziché assumere la comoda veste del giudice, si possano ottenere risultati duraturi è una convinzione da pivelli rubagalline piuttosto che da professionisti commerciali.

Certo, è più semplice giudicare e bacchettare.
Ma solo fino a quando chi ti ha messo in quel posto non si accorge che più di questo non sai fare.
Fare da coach alla tua rete vendite significa almeno tre cose fondamentali:

1.     Passare del tempo sul campo. Sporcarti le mani davvero. Sentire sulla pelle e dentro la pancia il “no” del cliente e le sue lagnanze e lamentele.
2.     Costruire rapporti personali con ciascuna delle tue donne e uomini e passare del tempo a costruire dei piani di vendita e di carriera. Che poi il senso del futuro e del progetto sono gli unici motivi per cui le persone fanno le cose.
3.     Definire i punti di forza e di debolezza e contare e sviluppare i primi. Aiutare e supportare a partire da ciò che di buono c’è nella gente che devi amministrare.

Certo, il lavoro di specchio non è facile. A volte è addirittura irritante dovere riflettere immagini che con la figura del venditore professionista hanno poco a che fare. Ma anche Bred Pitt o Angelina Jolie non sono sempre stati belli e bravi come sono ora.

Se non avessero avuto uno specchio onesto e buono con cui fare i conti non sarebbero diventate delle star bellissime e bravissime.
Ecco. Se abbiamo gente da gestire dovremmo essere così bravi da farli diventare delle star, e poi come un bravo specchio, silenziosamente passare a dedicarci a qualcun altro.
Questo è un bravo capo, questo è un bravo coach.

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