A cinquant’anni a scrivere pensieri su un pezzo di carta che non ha nemmeno il profumo di carta

In Graffi sull'anima, La Grande differenza
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Si chiamava “Masada”, come la fortezza ebraica che resistette ad ogni costo all’invasione romana nel 74 A.C. Era il 1995 e Masada era un circolo da me voluto per connettere le persone, prima ancora dei social, in modo che le mie conoscenze divenissero soluzioni per gli altri e viceversa. Ognuno portava una persona di cui aveva stima e si cenava assieme. Chi voleva, teneva un discorso per fare sentire la sua voce.

Quando arrivammo a trecento persone non ci stavamo più nei ristoranti. Ma la tecnologia arrivava e dopo un primo artigianale sito nel 1995 passai al mio primo blog serio 1997.

La motivazione e tutto ciò che ci girava attorno è stata fin dall’inizio il nocciolo di ciò che scrivo. Ma al tempo chi era nel mondo di Internet non veniva salutato come innovatore ma più probabilmente come nerd o perditempo. Nel mio caso stonava ancora di più: un manager, un venditore, uno abituato a dividersi tra tessuti, sconti e fatturato, che si metteva a scrivere “cose” on line.

Uno che mentre era in sala di attesa, in quei momenti noiosi in cui il cliente obbligatoriamente ti faceva aspettare, non leggeva le riviste che c’erano sul tavolo ma piuttosto i libri stranieri che ordinava via posta e un taccuino di appunti di tutti i tipi. In paese, per la gente, sono sempre stato quello strano che cammina con il libro in mano.

Il mio primo libro, “La Grande Differenza”, anno 2003, è nato così. Dalla caparbia volontà di provare comunque a capirne qualcosa di più di questo grande gioco: del mercato e dell’esistenza, di cosa renda la vita degna e cosa no. Della responsabilità che abbiamo delle cose che ci accadono e di come le utilizziamo per fare la nostra grande differenza.

Ho iniziato rispolverando quanto sapevo a proposito di obiettivi. Io che, sino a quel momento, per questo genere di cose nutrivo poca simpatia e fiducia. Io, che venendo da una famiglia artigiana, avevo sempre pensato che progettare scenari fosse un diletto per chi non dovesse lavorare.

Sei impreparato per definizione ma provare a progettare è un ponte obbligatorio per connettere gli imprevisti della vita. Condividi il Tweet

Ho riscoperto in quegli anni le lezioni di alcuni maestri che avevo già incontrato e me ne sono cercati altri dai quali imparare. Dal mio primo capo che in fabbrica, durante il lavoro estivo, mi raccomandava “Seba, se il tavolo da lavoro è sporco non riusciamo a fare niente” sino a quei filosofi che nel piano di studi della laurea in Economia non avevano trovato granché spazio.

Nei primi anni del 2000 scrivere su un blog, non aveva nessun tipo di ritorno economico. Era però il primo momento della storia per fare sentire la tua opinione a chiunque. Volevi capirne di più e cercavi di parlarne, di spiegarlo agli altri, per imparare e di ascoltare ciò che gli altri avevano in mente.

Nel mio caso si trattava soprattutto di sperimentazione e messa in pratica – un concetto un po’ da operaio che mi porto dietro ancora oggi e uso come metro di giudizio: se un concetto non è applicabile e rimane astratto, non vale granché.

Se un concetto non è applicabile e rimane astratto, non vale granché. Condividi il Tweet

Poi il “Blogging”, parola che sinceramente non sento particolarmente mia, si è trasformato in qualcos’altro. È successo che on line e off line abbiano iniziato a sentire la necessità di fondersi, o almeno di toccarsi. È iniziato che gli amici, i colleghi, le scuole mi volessero per raccontare di presenza e poi iniziarono le aziende, piccole, medie, grandi e grandissime.

E così sono nate altre storie, perché trovi da raccontare solo se ascolti e se parli con la gente. E poi, anni dopo, siamo quasi a oggi, siamo arrivati a una fusione, a volte anche pericolosa, dove non si capisce più cosa sia on line e cosa sia off line, cosa sia reale e cosa no. E questa è diventata la mia grande storia.

In un mondo di gente che si fa chiamare “motivatore” e che a me fa paura, io che pur di motivazione ci campo, mi è parso che la Grande Differenza fosse una cosa concreta.

Per persone reali, tridimensionali, di carne e di cuore, vere che non vogliono camminare sui carboni ardenti e non credono nelle energie cosmiche e in leggi dell’attrazione, che non pensano che la finalità della vita umana sulla terra sia riducibile ad un funnel di vendita per rifilare qualcosa al prossimo, che non pensano che la felicità sia solo salutare via Instagram da un ristorante stellato o da una spiaggia dei Caraibi, ma che vogliono comunque tenere in ordine il proprio giardino o non mandare all’aria l’azienda o avere un piano B sul quale poter contare per non perdere la dignità quando le cose si fanno dure.

E tutto questo senza diventare degli stronzi con un cuore di carbonio come quello di Gekko in Wall Street.

Mi ritrovo oggi con un curriculum zeppo di referenze ed esperienze, e non è importante se me lo meriti o no (anche se ogni tanto me lo chiedo). L’importante è che tutto questo mi ha portato qui. Ancora a scrivere su un pezzo di carta che di carta non ha neppure il profumo. A cinquantaquattro anni. Solo che ora è diverso. Dev’essere diverso per forza.

Ci ho ragionato la prima volta qualche mese fa, quando, dopo aver incontrato un ictus, mi sono seduto con mio padre che iniziava da capo a scrivere e parlare. Dalle aste. Di nuovo.

Ed è come se fosse stato un compito anche per me. Ho iniziato a pensare a qualcosa di diverso. E ci sto provando. Altro ancora è sotto forma di progetto futuro – per il 2019 o più in là.

Innanzitutto, grazie

Anche se non è di moda ringraziare in questo ambiente. La regola vuole   che devi dimostrare sufficienza ed autorità se vuoi vendere. Ecco quindi schiere di presuntuosi che magnificano le loro realizzazioni, i loro soldi, le loro auto. Come rapper americani.

Beh, a me questa cosa non piace e devo invece dire grazie a due milioni di persone l’anno che dai social leggono e commentano ciò che scrivo. La vostra attenzione è un balsamo per le mie insicurezze e per i lividi che il destino, come fa con tutti, mi procura.

E grazie anche a chi, da dietro, invisibile, mi ha permesso di arrivare qui con amore e supporto.

Dire Grazie non è educazione ma una priorità. Per questo, per parlare del futuro, inizio da qui. Grazie.

La nuova Grande Differenza

Detto questo, ecco cosa mi pare interessante e urgente ragionare. Dalle pagine di questo blog sino agli eventi che terrò in giro per l’Italia. Qualche spunto che non mi va di tenere solo per me e ho pensato di condividere. Non fosse altro che così dovrò provare a tenermi dritto sulla schiena per mantenere degli impegni.

Serve?

Non mi va di raccontare se sbatto il mignolo contro lo spigolo del letto. Non serve al prossimo. Ci ho pensato rileggendo alcune cose che ho postato anni fa e me ne ha dato conferma parlandone con persone con grande esperienza e influenza. Che senso ha raccontare ogni attimo e sciocchezza della nostra vita?

Rischiare di passare per un filosofo dell’ovvio è a mio parere una minaccia terribile. Per questo motivo ho cancellato 187 articoli da questo blog e da settembre ho iniziato a scrivere meno ma con più senso, o almeno questo è la sfida che mi sono lanciato.

Post da 3000 parole l’uno e che richiedono sforzo. Da parte mia, che impiego almeno una settimana per studiare e definire il contenuto. Da parte di chi legge, un investimento medio di 20 minuti.

Forse perderò qualche lettore superficiale ma sono in una situazione in cui posso permettermi di non farmi condizionare da questi inconvenienti. Quello che cerco è avere un reale impatto sulle vite delle persone. Sennò avrei scritto aforismi e basta.

Invece voglio continuare a parlare in pubblico e dare chiavi di lettura pacate, approfondite, strutturate per fare, ognuno per sé, la propria Grande Differenza. Per mettere in azione chi ha la bontà di parlare con me. Questo amo fare e questo farò ancora di più durante il 2019.

La Grande Differenza, il libro, quindici anni dopo

Ho appena consegnato all’editore la bozza per la stampa della nuova versione. Ci tenevo per una questione emotiva, quindici anni di vendite continuative è per un libro un risultato fuori dal comune. Specie se non sei uno scrittore professionista ma lavori tutti i giorni in azienda a vendere e fare quadrare conti e rogne con colleghi, clienti e fornitori.

Ci tenevo a rivederlo e aggiornarlo, soprattutto perché quindici anni in questo mondo che si sviluppa in modo esponenziale, lungo tutte le direttrici, sono pari ad un’era geologica. Tutto è cambiato.

Tutto è cambiato meno la natura umana e la sua difficoltà a mantenere la motivazione interiore. Tutti vogliamo fare la grande differenza ma non tutti sappiamo come fare.

Senza stravolgere la struttura del libro originale ho voluto puntualizzare alcuni punti, togliere concetti o strumenti obsoleti ed aggiungerne di nuovi.

Un nuovo libro, un evento differente, un nuovo strumento.

Adesso sto lavorando su un nuovo libro, un nuovo evento e su un nuovo strumento.

È bello che mantenga un minimo di riserbo sul tema che tratterò e anche su come funziona lo strumento, altrimenti che sorprese sarebbero?

Ma è anche vero che queste righe contengono la volontà di condividere e quindi ecco alcuni indizi.

Il nuovo libro ha la volontà di indagare le situazioni che ci possono mettere in difficoltà lungo il cammino verso il raggiungimento di ciò che inseguiamo.

Ma questo è l’inizio e non la finalità dello scritto che vuole invece proporre strumenti per evitare di farsi macinare dal mercato e dalla drammaticità della esistenza. In una parola creare alternative possibili in modo da non dover abdicare alla propria dignità accettando dittature esterne. Capisco che sia un po’ poco ma datemi un pizzico di fiducia. Sarà una bella avventura e ci metterò tutto il mio impegno.

Poi sto progettando un evento differente. Che tenga conto di tutto ciò che in questi anni ho visto funzionare quanto a contenuti e modalità di trasmissione. Per stimolare il cervello e il cuore per andare in giro per i meandri dell’esistenza.

Con la gioia e la curiosità di godersi le possibilità di farlo. Con la motivazione e il coraggio necessari per non farsi abbattere. Con la voglia di ottenere ciò a cui si punta. Con l’amore per lasciare un segno positivo nella vita degli altri.

Non sarà facile ma i pezzi ci sono tutti. Devo assemblarli con la passione che si ha per fare quello che speri sarà un lascito apprezzato dalle persone a cui vuoi bene.

Scatole

Sto lavorando su un metodo che ci mostri e ci faccia apprezzare e valutare in modo tridimensionale l’uso delle nostre energie e del nostro tempo.

Si tratta di scatole. Sì, scatole, box, chiamatele come desiderate. Un’idea che mi è venuta vedendo come gestiscono i propri progetti alcuni personaggi particolarmente capaci e famosi.

Un modo che fisicamente mi dia la misura di quanto effettivamente la mia vita sia, almeno per ciò che mi è concesso, sotto il mio controllo. Un metodo intuitivo e stimolante per aumentare le possibilità di chiudere cerchi e avere soddisfazione per i progetti portati a termine.

Insomma, il lavoro non manca. Voi, se potete, non fatemi mancare il vostro affetto.

Fa tutta la differenza del mondo.

 

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